Cara Beyoncé,
ma dovrei forse dire adorata, mia amatissima, irraggiungibile Beyoncé - ti scrivo come scriverei a una sfinge, a una muta divinità che mai risponderà a domande o preghiere ma che tutto ascolta e capisce.
C'è una differenza, infatti, tra te e le tue degnissime colleghe, da Rihanna in giù: tu non parli con noi, non scrivi nulla, non c'è tua immagine o parola che simuli una anche vaga prossimità. Sei lontanissima, nascosta dietro elaborazioni e strategie, protetta dall'impenetrabile impero Carter da te stessa creato (nonostante il nome).
Ma non per questo la mia voglia di parlarti si fa meno forte, anzi: la necessità di farti domande cresce, dunque ti scrivo, immaginando che sia tu, come un oracolo, a guidarmi nelle risposte che continuo a cercare.
La tua social persona
Perché non fai delle Instagram stories come tutti, Beyoncé? Sarà perché sei nata nel 1981 e il mezzo non ti è proprio amico? Potrei senz'altro capirlo, io ad esempio faccio una gran fatica a scegliere quale font usare e poi mi viene il dubbio che non sia il font il problema. Ma il tuo uso retrofuturistico di Instagram mi fa pensare che non è il continuo e repentino cambio di estetiche a frenarti, è che tu non vuoi proprio condividere nulla di vagamente intimo e privato. Ci ricordiamo tutti quando, mentre noi sceglievamo se iscriverci a un corso di ceramica o di uncinetto, tu hai annunciato di aver avuto due gemelli: niente voce rotta dall'emozione o facce da #instagramreality, ma un iper strutturato servizio fotografico con te, Rumi e Sir Carter agghindati di fiori e foglie. E non si tratta, ancora, di un novecentesco pudore o di proteggere la sacralità del tuo spazio domestico: la tua persona deve apparirci divina come quella di Elisabetta II o di una santa, la cui distanza da noi umani ci dà una misura dell'universo.
A margine, lasciami dire che adoro l'uso che fai di tuo marito, sempre presente in un carosello di foto ma mai prima della terza/quarta posizione e mai per ultimo: questo matrimonio è un ingrediente del tuo successo, senza dubbio, e tu lo amalgami fieramente alla magica farina del tuo sacco.
Il tuo corpo
Non so perché con qualcuno so essere ferocemente critica mentre a te perdono tutto [questa, tra l'altro, è una delle domande che con LINDA più ci facciamo], ma credo che il corpo super sexy che ci mostri da ormai oltre 25 anni sia oltre qualsiasi gaze che non sia il tuo. La tua nudità mi appare come l'amore sacro di Tiziano Vercellio. A differenza di Rihanna, idolatrata nella sua coolness, non sei un'icona di stile, né mai sarai disperatamente imitata dai fan come Kim Kardashian: il tuo corpo partecipa alla trasformazione artistica che stai attraversando, soprattutto da Lemonade in poi, ed è uno strumento fondamentale del tuo discorso così povero di parole. Nella maggior parte dei tuoi post IG, infatti, non c'è neanche l'ombra di una caption, solo il tuo corpo fotografato e accuratamente preparato per un contenuto-statement, dove una chioma platino e un cappello da cowboy fanno già tutto.
"Just because you become a mother it doesn't mean you lose who you are", dici in una controllatissima registrazione audio. È per questo che le uniche significative apparizioni di Blue Ivy e dei due gemelli sono nei video delle tue canzoni, nelle tracce audio, sul palco dei tuoi concerti? Cos'è stata per te la maternità, davvero, è qualcosa che non riesco a decifrare. Mentre Rihanna si scioglie al solo pensiero del suo piccolino (e il mondo con lei), tu cortesemente menzioni i pargoli quando ritiri il premio numero 1923983, poi sorridi e torni al tuo gelido feed di statue.
Il tuo nuovo disco
Qualcuno ha detto che non c'entri nulla con il country, che il country è la musica di un'America in cui tu non credi; ma planando leggera sulle motivazioni che ti hanno spinto in questa direzione, non solo ci hai dimostrato che è country ciò che suona country, ma ci hai anche ricordato che il discorso intorno ai generi e alla loro fissità è fuori dal contemporaneo.
Infine, ma posso dirtelo solo in estrema confidenza, sono piuttosto convinta che con questo album volessi far provare all'America intera come ci si sente a essere un Far West tutto da conquistare, una terra indifesa dove da un giorno all'altro può arrivare un temibile cowboy a cavallo a cambiare le carte in tavola. Anche ai più progressisti può correre un brivido lungo la schiena...
This is not a country album, this is a Beyoncé album.
Tua,
Letizia