LINDA LEGGE AURORA VENTURINI
Una conversazione tra Stefania, Maria Concetta e Michela su LE CUGINE (Edizioni SUR, 2022)
A marzo di quest’anno sono stata per la prima volta a La Plata (Argentina). Ci sono andata insieme a mia madre, a visitare i luoghi della sua infanzia. È stato un viaggio vero e importante. Da allora, l’Argentina – che sto ancora metabolizzando e che rappresenta per me uno spazio e un tempo complesso – mi chiama.

Al mio ritorno, Meri mi ha raccomandato Le cugine, un romanzo di Aurora Venturini, scrittrice immensa e purtroppo poco conosciuta, originaria proprio di La Plata. Che incontro straordinario.
Le cugine è la storia della famiglia López e le protagoniste sono quattro “piccole donne” (molto) argentine. L’indimenticabile voce narrante è quella di una di loro: Yuna, testimone feroce di tutte le sciagure che ha la sfortuna di affrontare. Il suo monologo è travolgente e il suo linguaggio si evolve, pagina dopo pagina, senza lasciare scampo. Ne abbiamo parlato, come piace fare a noi.
S: Michi, partiamo dalla fine: vorrei sapere se consiglieresti questo libro, a chi e perché.
M: Innanzitutto vi ringrazio moltissimo per avermelo consigliato, perché questa lettura è stata una boccata d’aria fresca, dopo una lunga serie di libri molto simili tra loro. Lo consiglierei a chi ama le storie di famiglie disfunzionali e a chi nei romanzi cerca la cura del linguaggio, la scelta attenta delle parole.
S: Meri, a te invece chiedo come mai l'hai consigliato a me (grazie, sempre!) e come hai scoperto Aurora Venturini.
MC: È stato un incontro casuale e inaspettato: ho visto su Instagram il post di una libreria di Milano che mi piace molto (Gogol & Company). Più o meno era descritto come la storia di una famiglia disfunzionale, segnata dal disagio e dalla brutalità: ho pensato che mi avrebbe fatto male, ma volevo leggerlo. Te l’ho consigliato perché spesso parliamo della bellezza di certe letture, che ci smuovono qualcosa dentro. E poi perché un giorno mentre eri in viaggio in Argentina a conoscere un po’ della tua storia, hai pubblicato qualcosa che mi ha fatto pensare proprio alla La Plata di Aurora Venturini.
S: Sono curiosa di sapere come vi siete immaginate La Plata…
M: Mi sono immaginata una piccola città, con case basse e colorate e molti caffè. Un luogo con del fermento culturale, seppur povero. La città paradossalmente sembra il luogo in cui Yuna può rifugiarsi dai pericoli di casa sua.

MC: Io me la sono immaginata silenziosa e triste: troppo calda e afosa d’estate, troppo piovosa d’inverno. Mai abbastanza piacevole per uscire, costellata di figure solitarie sedute sulle panchine della città. Nessuno che sta in compagnia, ma molti che la cercano nei vicoli bui…

S: A proposito di solitudine. A quale tra i tanti disgraziati personaggi femminili di questa favola nera ti sei affezionata di più?
M: Sono affezionata a tutte e quattro le cugine: mi spezzano il cuore, perché sono tutte senza una guida. Persino Petra, che fa l'esperta, naviga a vista senza esempi da seguire. Il personaggio che mi ha commossa di più, però, è Carina. Per la sua innocenza.
MC: È stato impossibile non legarmi a Yuna, ma c’è un personaggio che ha occupato la mia mente a lungo, ed è quello di Petra. Una bambina che già a dodici anni vende il suo corpo, picchiata e abusata dagli uomini, vittima di violenze e orrore, dipendente dal legame con sua cugina Yuna – l’unica persona che abbia mai fatto qualcosa per lei. Petra è una persona invidiosa e furba per colpa di una vita troppo dura, che l’ha resa in grado di terribili atrocità e incapace di provare affetto, per sé e per altri. Mi ha spezzato il cuore.
S: I temi affrontati nel libro sono tanto dolorosi, ma la scrittura di Aurora Venturini è lirica e magica. Siete d'accordo con me? Che sensazione vi ha lasciato addosso questa lettura? Che immagini vi portate nel cuore?
M: Sono totalmente d'accordo con te: alcune immagini rimangono impresse nella mia memoria. Penso al dipinto di Pegaso che porta con sé una cugina, ma anche alla lingua e alla scrittura di Yuna, che diventa sempre più fluida e consapevole. Anche se è una favola nera, il libro mi ha lasciato dentro un forte bisogno di proteggere i più fragili, comprenderli e perdonarli. Mi porto nel cuore le considerazioni di Yuna sugli elementi della natura, che rivelano l'animo umano:
“Quando i fiori si arrabbiano agitano i pistilli arricciano i petali che sembrano animaletti velenosi e sfuggenti cambiano aspetto e non sono del tutto vegetali né animali sono folletti o ninfe del male e non perché lo desiderano ma perché provano disgusto e rabbia per certi comportamenti umani che li fanno soffrire già abbastanza quando li strappano e li portano al negozio di fiori senza accorgersi che dai loro pollini quando soffia il vento e li fa cadere sulla terra fertile nasceranno piantine come quelle che gli hanno dato grazia e colore. Invece quando li strappano spesso non gli cambiano neanche l'acqua dei vasi e loro si vergognano del cattivo odore che mandano specie nelle veglie funebri e che insieme a quello del defunto è un insulto alla bellezza e alla creazione.”

MC: Non è una lettura facile. C’è il grottesco, il disgusto, il cinismo. Una delle scene che mi ha fatto più male è all’inizio, quando Yuna parla del “mal d’anima” di cui soffre sua sorella Betina. È stato un pugno fortissimo allo stomaco:
“Brum… brum… brum… continuava a trascinare l’anima che ogni giorno sembrava più lunga e con patacche grigie e dedussi che presto le sarebbe caduta e Betina sarebbe morta. Ma a me non importava perché mi faceva schifo. Quando arrivava l’ora dei pasti, dovevo dar da mangiare a mia sorella e sbagliavo buco apposta e mettevo il cucchiaino in un occhio, in un orecchio, nel naso prima di arrivare alla boccaccia. Ah… ah… ah… gemeva la sudicia infelice.”
C’è tanta angoscia ma c’è anche molta umanità e bellezza. Yuna alla fine lascia indietro la disperazione perché riesce a trovarsi nella sua arte.

S: Restiamo su Yuna e parliamo del complesso rapporto che ha con il suo corpo, e con quello delle altre e degli altri, con il sesso e con gli uomini…
MC: Per Yuna esistono due tipi di corpi: quelli deformi e quelli abusati, e li descrive in modo sconcertante. Non c’è nulla di politicamente corretto. La sessualità per lei non esiste, la conosce solo attraverso i racconti di una cugina prostituta, dagli abusi sulla sorella e dalla violenza sull’altra cugina. Gli uomini non fanno parte della sua vita: all’inizio perché fuggono e alla fine perché per lei conta solo l’arte.

M: Ho trovato interessante la scelta dell'autrice di far raccontare a Yuna tutto il disagio che prova davanti alle deformità fisiche delle cugine. La sincerità con cui descrive il fastidio di guardare Betina e di starle accanto, il senso di superiorità che sente nei confronti del corpo di Petra e il suo continuo descrivere le dita di Carina, mi sembrano molto onesti. Finalmente un po' di verità. Rispetto invece al rapporto con il sesso, c’è questo continuo rimarcare il terrore di una gravidanza e delle conseguenze che potrebbe portare, che annulla ogni possibile ricerca di piacere e libertà. Tra le cugine, l'unica a capire che il sesso può essere uno strumento è Betina.
S: Maternità e sorellanza sono altri due temi fondamentali del libro. Cosa pensate di come sono stati trattati e c'è qualche passaggio in particolare che vi ha colpito rispetto a questo?
M: La maternità in questo libro è narrata come lo si farebbe con gli animali: solo conseguenza dell'atto sessuale/procreativo. Brutale e animalesca. Non ricordo neanche un passaggio in cui ci sia una riflessione sull'educazione, nonostante la madre di Yuna sia una maestra. La sorellanza, invece, viene raccontata tutta, nella sua delicatezza e malvagità. Mi commuove il rapporto tra le cugine, perché un po' si proteggono, un po' si odiano, un po' cercano di fregarsi l'un l'altra, e sono tanto complici. Mi pare che Aurora Venturini ne abbia proprio raccontato il cuore.
Mi sono molto commossa quando ho letto questo passaggio violentissimo e vero:
“Quando regalai la sedia decorata a Betina la poveretta che aveva sempre avuto paura di me per via dei pasti di un tempo quando le infilavo il cucchiaio in un occhio, nell'orecchio e altrove per poi arrivare alla bocca e le ficcavo la faccia nel piatto di minestra e dentro di me desideravo che morisse, tremò e piagnucolò finché non si rese conto che non avevo cattive intenzioni e protese le braccia perché la spostassi sull'altro sedile.”
MC: Tasto dolente: qui le madri fanno di tutto per proteggere l’onore e va a finire che le figlie soffrono. Infatti Yuna non è amante della famiglia e non vuole pagare per gli sbagli dei suoi genitori. Considera lei e sua sorella un errore della natura e ancora di più sua madre che “portava il peso dell’obbligo e di noi mostri”. Alla sorellanza ho creduto fino alla fine, ma poi ho preso la batosta.
“Pero todo pasa en este mundo inmundo. Por eso no es lógico afligirse demasiado por nada ni por nadie.”
―Aurora Venturini, Las primas